venerdì 8 novembre 2013

incipit futuribile

Questo potrebbe essere l'inizio di un lavoro che adesso mi spaventa, perché mi pare senza fine.
Mi aggrappo così all'idea che tutto ciò che inizia, prima o poi finisce.
Prima di questo però, ce ne sarà un altro.
Forse.

"...
La strada in discesa è ripida, piena di curve e tornanti.
All’interno della fiat 124 1200 cc. bianca, mia madre guida stando vicina al volante, al punto da abbracciarlo, quasi. Altra caratteristica è quella di tenere  quasi sempre il piede sulla frizione, come appoggio. Accanto a lei mio nonno, anche lui, come tutti gli altri di famiglia, senza patente: gli anni settanta, le avanguardie, le istanze femministe, producono anche questa piccola rivoluzione: l’unica autista di famiglia, una donna.
Sul sedile posteriore mio fratello, mio zio - il fratello di mia madre ha un anno più di me, uno zio-fratello - ed io, l’intero divano a disposizione, la seduzione della finta pelle, l’aria che entra dai finestrini, le montagne immense coperte di verde dal fitto bosco, rendono l’estate una sempiterna vacanza umorale.
Procediamo lungo la discesa, una curva dopo l’altra, tornante dopo tornante, il fischio dei freni, il rumore ferroso della marmitta, la forza centrifuga che ci spinge da una parte all’altra, che ci avvicina forzatamente, come tre fratelli che si stringono per contrastare gli elementi.
All’improvviso uno scossone, una sterzata nervosa, il piede che preme il freno, su e giù, con energia, senza trovare riscontro.
Mia madre che dice che il freno è partito, non risponde, il piede su e giù. Mio nonno le dice di scalare le marce, “SCALA LE MARCE” urla, scala!
Le rocce contenute dalla rete metallica sulla destra, il guard rail e la valle giù in fondo al burrone sulla sinistra, sono una minaccia concreta.
Mia madre scala le marce quarta-terza-seconda, il motore urla, l’auto rallenta a fatica. Il motore sembra gridare il suo dolore, sembra dire che è oltre il suo limite meccanico, tossisce, sputa, scatarra.
A breve distanza s’intravede un piccolo tratto di piano, appena dopo la curva a destra.
Mio nonno si era appena voltato, ci aveva guardato, aveva sorriso.
Poi si era rigirato troppo di scatto per confermare quel sorriso.
Mia madre urla “ATTENTI BAMBINI TENETEVI SALDI”, e l’ultimo tratto della discesa si avvicina sempre più alla rete che tiene le rocce sulla destra. Appena inizia il tratto pianeggiante, vede una piccola rientranza per le soste, sterza a destra, striscia la fiancata, le rocce rallentano la corsa fino a fermare l’auto.
Mio nonno è bianco in viso, ma si volta e ci rassicura che va tutto bene.
Mia madre affonda il viso tra le mani aperte, singhiozza, s’arrende e s’affloscia quasi, al sollievo.
Mi alzo e cerco di passare tra i due sedili anteriori e raggiungo non so come mia madre.
Le carezzo la testa, la spalla, e le dico di non preoccuparsi, che ci sono qua io con lei.
Lei alza la testa, si volta verso di me, mi sorride un poco, mi carezza lasciando una scia umida di lacrime..."

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