martedì 9 aprile 2013

Limonov è un capolavoro?

Letto “Limonov”, di Carrère, Adelphi.
Inizio subito con un giudizio secco: penso che sia un libro che val la pena leggere, scritto bene, interessante, sorprendente: mi ha fatto conoscere un artista( come definirlo altrimenti: scrittore, avventuriero, politico?) che non conoscevo, mi ha fornito una versione della recente storia russa, che non avevo mai approfondito abbastanza.
Scritto in terza persona, con brevi accenni della storia personale dell’autore, racconta la vita di Limonov dal 1943 al 2009. Preferisco non dirne quasi niente, se non che nonostante le molte contraddizioni, il miscuglio ideologico che si avvicina pericolosamente anche al fascismo, certe sue idee molto lontane dalle mie, il personaggio raccontato da Carrère risulta irresistibile. Per una buona parte del romanzo l’autore, mi è sembrato un bravo mestierante, un francese borghese, un po’ secchione, che sa come si maneggia la parola. Verso metà però, ho capito che era ingeneroso, e forse, dovuto ad un pregiudizio: essere colti, di buona famiglia parigina, abituati a una vita agevole, comoda, che ti consente di raccontare la vita degli altri al calduccio, non è di per sé un peccato. 
Alla fine, quando racconta l’esperienza con la meditazione, sua e del protagonista, ho riconosciuto che si trattava dei miei meccanismi di difesa, che io non lo accoglievo, che non volevo spostarmi dall’impressione iniziale, cadendo così in un duplice pregiudizio- quello di cui sopra, quello che chi pratica la meditazione, incontra la mia immediata disponibilità-.  

Devo però dire che non mi è parso il capolavoro di cui avevo spesso letto, e qui dovrei addentrarmi in un discorso che temo mi possa sfuggire di mano. Cercherò di essere concreto, breve e, temo, non esaustivo.
Tra gli ultimi libri che ho letto, Limonov, “Stoner”, “il senso di una fine”, erano tra quelli definiti tali.
Senza perdere troppo tempo sul concetto di marketing, sappiamo tutti che scrivere che un libro è un capolavoro, fa discutere, e quindi vendere.
Ma nel caso di Limonov- lo ricordo, un Adelphi-, quel termine non lo avevo letto sui soliti giornali, dai soliti critici, ma da persone con cui ne avevo parlato direttamente; persone con cui mi piace parlare di libri, che non hanno alcun interesse, se non appunto quello di parlare di libri.
Ebbene, ne scrivevo anche poco tempo fa: non so esattamente in cosa consista la qualità di un libro, figuriamoci se so cos’è un capolavoro: quali caratteristiche debba avere, quali misure e forme e contenuti debba soddisfare.
Quello che posso dire in proposito, è che cerco sempre si leggere “buoni libri”, cerco di farmi consigliare da persone di cui mi fido, di leggere scrittori o critici cui riconosco libertà di giudizio, librai e amici, ecc.
Ebbene, dopo tante parole, arrivo al dunque.
L’ultimo libro che ho letto, che secondo me lo è, è “2666” di Bolano, Adelphi.
Dopo di questo, ne ho letti molti altri, buoni e non; ma solo questo, di recente, mi ha fatto pensare di aver avuto la fortuna di aver incontrato “un capolavoro”.

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