sabato 23 marzo 2013

progetti e talenti claudicanti

I progetti cui sto lavorando- non nel senso di lavoro vero e proprio, ma di lavoro artistico, quella roba impalpabile, non considerata importante, non pagata, o pagata poco- sono molteplici.
Provo a scriverne in breve, in modo da non essere noioso- ci provo- o autoreferenziale.
Il progetto ruota attorno al libro, ne è l’estensione, la deviazione, ed è semplice nell’idea primigenia da cui scaturisce, quanto faticoso e laborioso in termini di concretizzazione.
Questo post è uno dei tanti che intende promuoverlo; avrà anche questo un piccolo seguito,  lo pubblicherò sul mio blog- che è uno dei moltissimi operanti in Italia-, verrà letto da qualcuno, non modificherà lo status quo, e si limiterà a esistere nel buco nero del web.
Va detto che non sono uno di quelli che ambisce al successo; non in termini generici, almeno. A me basterebbe, e anzi lo preferirei, riuscire a camparne; condivido il medesimo sentimento con un esercito affollato di aspiranti campanti della propria arte, che nella maggior parte dei casi non riuscirà nell’intento, deciderà perciò di arrendersi, di scendere dai piani alti cui si è faticosamente autoelevato, si ammaccherà un pò, ma avrà qualcosa da raccontare a chi lo ascolterà. Dirà a questi che lui- o lei- è un artista che ha abbandonato la propria arte, per dedicarsi totalmente alla vita, per viverla con intensità, per scavarla fino alle viscere, per denudarne l’essenza.
Penserà probabilmente, e probabilmente avrà in parte ragione, che ci sono artisti molto peggiori di lui, ammetterà che ce ne sono altrettanti di uguali, ne citerà qualcun altro, pochi eh, nei confronti dei quali ha una stima illimitata, e che appartengono alla rara categoria dei geni assoluti.
Quando affermerà questo, avrà parimenti ragione e torto. Non si può infatti negare che in questo paese- lo nominerà con la p minuscola-, ogni singolo ambiente ha le sue mafiette, le sue simpatie, e premierà qualcuno non per i suoi meriti, ma per la conoscenza con gli adepti che vi appartengono.
Prendiamo la politica? Ecco, se suo padre fosse amico intimo di un assessore, lui sicuramente potrebbe aspirare ad un posto in qualche giunta, o consiglio di amministrazione.
Ambito letterario? Se lui fosse il cugino o l’amante di un funzionario di una casa editrice, sarebbe pubblicato, sponsorizzato, avrebbe spazio nei giornali e nei dibattiti; e via discorrendo.
Ma poiché lui amava la sua libertà, non poteva svendere il suo talento a chichessia, non era disposto a leccare culi, nonostante qualche riconoscimento, è rimasto nell’ombra. E si è stufato dell’ombra, dell’umidità che vi ristagna, dell’anonimato, delle notti insonni, della solitudine dovuta al processo creativo.
Sono arrivato a fine pagina senza riuscire a parlare dei miei progetti. Ho speso un mucchio di parole per descrivere l’archetipo di ex artista, senza dire alcunché di me.
L’altro giorno, invitato da un’amica insegnante in una scuola dove Molesini- premio Campiello- teneva un incontro con insegnanti e studenti, dopo che lui aveva finito di raccontare genesi e contenuto del suo romanzo, che è stato premiato e tradotto in più lingue, gli ho chiesto se, dopo aver raccontato il mestiere di scrittore, la parte artigianale di costruttore di libri, aneddoti e citazioni, poteva dire qualcosa rispetto a come e cosa accade, quando la storia ti intercetta e ti costringe a scriverla. Lui ha ammesso che era una domanda difficile, come gli avevo preannunciato, e che a lui succede questo: innanzitutto ha invitato a diffidare delle grandi idee, aggiungendo che scrivere, così come qualsiasi altra forma che derivi dalla- sto per usare una parolaccia, ma non me ne vengono in mente altre- propria ispirazione, la quale consegue ad un talento donato dagli dei, ha diverse componenti, e che in particolare a lui è sempre accaduto di essere centrato dallo stato di grazia, lavorando. Mentre lavora, e cioè scrive, la creatura nasce in quel contesto, in quell’ambito, in quella cornice.
Ho già tentato molte volte di descrivere quello che succede a me.
In questo preciso istante ho scritto seicentocinquantatre parole: quando ho iniziato, volevo parlare dei miei progetti; ebbene, qualcosa ha guidato le mie dita, le quali hanno scritto quello che fin qui ho scritto, mio malgrado.
Non mi riferisco alla qualità delle mie parole, ma al loro uscire dai miei confini, per concretizzarsi nella pagina elettronica del computer.
Ho scritto così i miei libri precedenti, e così scriverò il mio prossimo, se qualche casa editrice deciderà di pubblicarlo.
Totalmente in balia di questa dannata fortuna che mi consente di assecondare il mio talento, che più che successo o gratificazioni classicamente intese, mi consente di immergermi nella verità, di lasciare che un miracolo inspiegabile, trovi il modo di manifestarsi ed emergere dalle zone silenti di una parte di me, che pur essendo in me, incontro solo in queste occasioni di abbandono felice.

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