domenica 3 giugno 2012

Venezia, report e magna magna

Ho visto in ritardo il servizio di Report su Venezia, e forse sono fuori tempo massimo, eppure a mio avviso val la pena di non far finta che niente sia stato detto. L'impressione che ne ho ricavato, è che il malcostume, se non proprio il malaffare, sia l'abitudine consolidata, accettata, taciuta, e nemmeno più messa in discussione. Confesso che vedere la città in cui sono nato, in cui ho vissuto, cui presto tornerò e che amo, che consideravo diversa e unica nella sua specificità, e con questo intendo anche come laboratorio politico e civile, ridotta a un comitato d'affari de noantri, compresi quelli che da anni si fregiano di essere alternativi a non so cosa, mi ha ferito in modo definitivo. Chiedere risposte, pretendere spiegazioni, volere che tutto cambi, a questo punto, e con questi protagonisti mi pare un'ingenuità perfino più imperdonabile di aver creduto che un altro modo fosse possibile. Capisco quelli che si attaccano al primo che passa e promette di essere qualcos'altro, e lo votano. Di certo non si potrà rivotare un sindaco che sorride dinnanzi al disastro, che alza le spalle e ammicca come si parlasse di argomenti che non gli competono. Di certo sarà dura pensare che esiste un'opposizione credibile, e che i cosiddetti alternativi non abbiano saputo, salvo poi agitarsi quando conviene. Temo che anche per Venezia, come più in generale per l'Italia tutta, tapparsi il naso non sarà sufficiente a fermare la puzza di marcio; frase a effetto bruttissima, ma quanto mai attuale e veritiera. Mi chiedo se la democrazia sia ancora il governo del popolo, lo strumento per determinare e attuare le proprie scelte, o se non sia piuttosto un modo di scegliere questo o quel gruppo di potere. Una domanda che credevo non mi sarei mai dovuto fare, le cui risposte sono sempre più prossime allo sconforto. Cristiano Prakash Dorigo

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